In una società che vede l’aumentare delle persone più povere e la diminuzione di quelle benestanti, non è complesso interfacciarsi con casi in cui molte famiglie e molti individui hanno difficoltà a sanare i propri debiti e si rischia così di incorrere in un finanziamento non pagato. Cosa succede, quindi, quando non si riesce a pagare i finanziamenti richiesti dei quali abbiamo già usufruito? Quale è l’iter che seguirà al giorno di scadenza della restituzione del finanziamento senza che esso venga pagato? Quando un privato, infatti, richiede e ottiene un finanziamento, infatti, nel contratto viene stipulato che il pagamento delle stesse verrà sanato in un numero più o meno esiguo di rate: cosa succede se le rate si accumulano senza permettere di sanare il pagamento entro la data prevista? Scopriamolo insieme analizzando le conseguenze del mancato pagamento, studiando il momento in cui esso cadrà in prescrizione, quando subentrerà il pignoramento e le regole per il garante.
Quali sono le conseguenze di un finanziamento non pagato?
Capitoli
Nel momento in cui viene stipulato un contratto per un prestito in denaro occorre, innanzitutto, leggere con cura quali saranno le conseguenze di qualsiasi imprecisione nel pagamento: le conseguenze di pagamento del finanziamento effettuato in ritardo o, addirittura, del tutto mancato, possono essere davvero molto gravi anche a fronte di una sola rata non pagata. Sebbene sia molto facile trovare informazioni all’interno del contratto che stipula un prestito fra un ente o una società finanziaria o banca e un contraente richiedente, è pressoché impossibile conoscere a priori nel particolare tutte le conseguenze specifiche che potrebbero seguire un ritardo o un mancato pagamento di una o più rate dello stesso prestito. Tali conseguenze, infatti, dipendono strettamente da fattori che variano a seconda delle specifiche del contratto, dalla tipologia di politica di recupero crediti del contraente creditore come le tempistiche del passaggio dall’ente stesso all’agenzia di recuperi e, infine, per la maggior parte, dalla quantità dell’ammontare del prestito, dalla somma di denaro non ancora restituita e dal rapporto che vi è fra queste ultime due somme.
Le prime azioni che l’ente contraente del prestito rivolgerà nei vostri confronti qualora continuaste a non pagare il debito accumulato saranno molteplici prima che arrivino i provvedimenti veri e propri: dalle telefonate continue e minacciose e lettere, e- mail e raccomandate da parte di società di recupero alla visita dell’esattore al fine di ricevere firme del contraente richiedente su assegni e cambiali, dalla comunicazione della decadenza del beneficio del termine e la conclusione del contratto (dopo la quale il risanamento del proprio debito non potrà più essere effettuato tramite la modalità in rate, ma con un’unica soluzione di pagamento) a, infine, l’invio della messa in mora da parte di un legale e, in seguito, una notifica di decreto ingiuntivo.
Da questo momento in poi è possibile che chiunque non abbia adempito al proprio dovere sanando l’intero debito alla banca, all’ente finanziario o alla società finanziari a con cui ha stipulato il contratto di prestito, potrà correre il rischio di essere inserito nella lista dei cosiddetti “cattivi pagatori”, anche nel caso in cui vi fosse una sola rata non pagata.
La permanenza in questo status, quello di cattivi pagatori, non è affatto breve. Si rischia di rimanere in questo status un intero anno nel caso in cui il soggetto in questione avesse versato il pagamento del finanziamento per il massimo di due rate in ritardo e ben due quando il ritardo nel pagamento è persistito per quanto riguarda un numero pari o superiore alle tre rate in su. Il soggetto pagante in ritardo continuerà, inoltre, a far parte di questa “lista nera” persino una volta sanato il proprio debito fino alla fine dei due anni previsti. Ciò non solo comporterà disagi in seguito dovuti alla condizione di cattivo pagatore soprattutto su attività di lungo termine, come, ad esempio, la possibilità di ottenere ulteriori nuovi prestiti in futuro da parte di banche, società e enti finanziari (il nominativo del soggetto in questione, in questo caso, verrà inserito nelle banche dati di CRIF, che sta per Centrale Rischi, SIC, che, invece, vuol dire Sistemi di Informazione Creditizi, EURISC ed EXPERIAN), ma anche più imminenti dall’avvenuto saldo oppure dai termini del contratto, come il pagamento di interessi maggiorati in base alle modalità di stipula del contratto.
Una volta superata la fase atta all’invio di avvertimenti i quali, per quanto minacciosi, restano almeno in un primo momento comunque innocue, il contraente richiedente prestito, ormai considerato cattivo pagatore, si troverà di fronte alle conseguenze reali e gravi. La prima è senza dubbio la messa in mora e, in seguito, qualora la finanziaria si sia accertata delle insidie volte a recuperare il denaro accreditato, il credito potrà essere ceduto a società esterne per pulire il bilancio e ottenere benefici fiscali. Se l’azione esecutiva volta a ottenere la riscossione del debito dovesse continuare, si potrà arrivare fino al pignoramento dello stipendio, della pensione, dei beni mobili e immobili o la trattenuta in busta paga. Nel caso in cui le condizioni contrattuali avessero previsto, al momento della stipula, un garante di credito, anche questo ultimo sarà coinvolto nel recupero credito e tutte le azioni, dalle meno serie alle più impegnative, saranno volte anche a lui. Nel momento in cui, infine, il contraente richiedente prestito e in ritardo con il pagamento di esso fosse nullatenenti gli enti di credito, banche, istituti o società che siano, non potranno recuperare alcuna somma di denaro o corrispettivo materiale dal medesimo valore della somma prevista, ma rientrerà comunque nella lista dei cattivi pagatori e non sarà possibile ottenere nuovi finanziamenti.
Quando i finanziamenti non pagati cadono in prescrizione e cosa accade?
Se il debitore deve necessariamente attenersi a date, scadenze e tempistiche precise per il versamento del prestito, allo stesso modo anche l’ente che decide di rilasciare il prestito deve attenersi ad altrettante scadenze per poter chiedere e ottenere il pagamento a cui ha effettivamente diritto. Una mancanza del genere, un finanziamento non pagato interamente o soltanto in parte, può cadere in prescrizione e, di conseguenza, quello che viene nominato “cattivo pagatore” può automaticamente ritrovarsi libero dal debito nel momento in cui tale prescrizione termina. È, però, davvero molto raro che il debitore possa considerarsi libero dal debito grazie alla prescrizione: secondo il codice civile del nostro Paese, infatti, il tempo di prescrizione che il creditore ha a disposizione per riscuotere il mancato pagamento è pari a dieci anni prima che tale pagamento “scada” e si consideri ininfluente. In questi dieci (lunghi) anni, però, la banca, l’ente o la società finanziaria avrà molte possibilità di riscuotere tale debito secondo diverse modalità, alcune delle quali verranno esaminate in seguito nel corso di questo articolo ed è altrettanto improbabile che, qualsiasi sia l’istituto finanziario a cui ci si è rivolti per la richiesta di finanziamento, non faccia tutto quanto è nelle proprie possibilità per riscuotere tale somma o, quantomeno, far presente lo status di cattivo pagatore del soggetto in esame.
Genericamente il termine di prescrizione pari, come abbiamo visto in precedenza, a dieci anni, partirà dalla data dell’ultima rata rimborsata, ma basterà una qualsiasi azione, che sia anche soltanto un sollecito, per fare in modo che la prescrizione inizi di nuovo a decorrere.
Un metodo senza dubbio utile, però, da prendere in considerazione quando, prima che sia troppo tardi, il soggetto contraente richiedente si rende conto dell’impossibilità o, nei casi meno gravi, delle difficoltà a pagare il finanziamento richiesto ed ottenuto, si può pensare di prevenire i danni derivanti dalla mancanza o dal ritardo del pagamento del finanziamento con un consolidamento debito oppure con la cessione del quinto. Si può provare, inoltre, con un attento studio del contratto a monte, di rinegoziare le condizioni contrattuali, visionare la possibilità di ottenere le ipotesi per l’esdebitazione o, ancora, esaminare il contratto alla ricerca di un modo legale ed idoneo per aggirare il problema o, quantomeno, rimandarlo a vantaggio del contraente richiedente stesso.
Finanziamento non pagato e pignoramento dei beni
Come abbiamo già avuto modo di leggere nel paragrafo precedente, nel momento in cui l’ente di credito deve far fronte e provare a ottenere il finanziamento non pagato del debito accumulato dal contraente richiedente, uno dei metodi più efficaci con cui tali enti, banche, società o istituti crediti agiscono è il pignoramento. Un’azione di questo tipo rappresenta quello che potremmo definire come lo step successivo all’aggiunta di pagamento di mora che viene inserita nel caso di ritardi nel pagamento di una o più rate per la riconsegna del valore monetario preso su richiesta e sotto contratto. Con il debito in mora, però, vengono aggiunti anche gli interessi legali con tassi specifici. Dopodiché, qualora la situazione di mancato pagamento dovesse persistere, verrà notificato il titolo esecutivo al debitore tramite un ufficiale giudiziario ed in seguito inviato un “atto di precetto” tramite il quale al contraente richiedente prestito, ormai accertato debitore, verrà fornita una specie di “ultimatum” la quale sancisce il termine massimo di dieci giorni per pagare spontaneamente il proprio debito. L’atto di precetto ha valenza di 90 giorni totali e a partire dal decimo l’ente, istituto o società finanziario o banca, può effettivamente agire con l’espropriazione forzata entro gli stessi 90 giorni in cui ha valenza il precetto. Una volta terminato questo periodo di più o meno tre mesi, nel caso in cui non sia stato effettuato il pignoramento, per poter tentare di procedere nuovamente con le espropriazioni dei beni il creditore dovrà rettificar e inviare un nuovo precetto. Una volta effettuato il pignoramento l’ente creditore e fautore di tale pignoramento dovrà passare ad un nuovo step: l’espropriazione forzata. Le modalità di recupero credito sono molteplici e si dividono in base al valore e alla gravità della situazione che si sta vivendo in base ai debiti accumulati: si parte da una trattenuta pari al quinto dello stipendio per poi arrivare al pignoramento dell’intero stipendio e, nei casi più drammatici, dei beni patrimoniali, mobili e immobili. Con tale azione si intende la messa in commercio, la rivendita e la capacità di ricavare una somma di denaro pari al medesimo valore di quella erogata a fronte delle condizioni contrattuali a cui il contraente richiedente è venuto meno, divenendo così un debitore e un cattivo pagatore. I beni del debitore che possono essere pignorati sono molteplici: possno essere beni mobili o immobili, una automobile o un appartamento. Esistono tre diversi tipi di espropriazione per procedere con l’azione di questo genere. La prima tipologia la quale è detta espropriazione mobiliare presso il debitore consiste nel pignoramento eseguito per mano dello stesso ufficiale giudiziario. In questo caso, ad esempio, potrebbe rientrare il pignoramento di una automobile: come è possibile? Una volta arrivato nel domicilio del debitore che non ha pagato una o più rate con cui era stato suddivisa la restituzione del finanziamento che aveva richiesto, è proprio lo stesso ufficiale giudiziario, stilando e analizzando i beni mobili di cui il debitore è in possesso, ad accorgersi della presenza della macchina e a prendere in considerazione la possibilità di scegliere tale bene al fine di pignoramento per espropriazione forzata. Una seconda possibilità e un secondo metodo per accorgersi che il debitore è in possesso di un’automobile è data dalla corretta e attenta fruizione dei canali tecnologici: è, infatti, possibile visionare e identificare i mezzi di proprietà del debitore attraverso il PRA. Il cattivo pagatore deve necessariamente, qualora gli venisse ordinato, di consegnare l’automobile all’istituto vendite giudiziarie altrimenti il veicolo sarà sottratto anche a causa di fermo per un controllo e, dopodiché, verrà consegnato comunque all’istituto vendite tramite la polizia.
La seconda è detta espropriazione immobiliare e si ha quando nel pignoramento è coinvolto, appunto, un bene immobile che deve necessariamente avere un valore pari o superiore a quello del debito d sanare ed infine l’espropriazione verso terzi. Nel caso del veicolo analizzato qualche riga più in alto, ad esempio, si ha una terza persona coinvolta quando tutti i beni del contraente richiedente prestito, ormai divenuto debitore, appartengono anche ad un terzo individuo.
Si tratta, inoltre, di una situazione che comprende un altro soggetto oltre a quello debitore e quello creditore (rispettivamente il contraente richiedente e il contraente che rappresenta la parte finanziaria, banca, società, ente o istituto che sia) quella che andremo ad analizzare i seguito.
Finanziamento non pagato e garante: cosa dice il regolamento?
Nel momento in cui le suddette parti, rispettivamente, il contraente richiedente prestito e ente che si occupa di procurare tale pagamento che poi diventeranno, a fronte del mancato pagamento, parte debitrice e parte creditrice, si trovano a stipulare il contratto, talvolta verrà richiesta la disponibile e, di conseguenza, la presenza e la firma di un garante che, come appunto afferma il nome stesso, servirà a garantire la possibilità di pagamento di finanziamento alla parte creditrice. Qualora, però, i pagamenti del finanziamento previsto della figura del garante non dovesse essere effettuati, quali saranno le conseguenze per il garante che ha aggiunto la propria firma sul contratto? Spesso la prima azione che un garante vorrebbe compiere è quella di valutarsi completamente sciolto da tale contratto: non è possibile, però, essere svincolati da tali contratti in quanto la firma apposta ha validità per tutta la durata intera dello stesso contratto altrimenti la presenza del garante non avrebbe alcun valore ai fini del contratto. Il garante verrà richiamato in causa, pertanto, fin dal primo ritardo di pagamento rateale e, qualora il richiedente debitore non riuscisse a pagare e a sanare questo primo debito, verrebbe immediatamente considerato e richiamato il garante ad effettuare tale pagamento.
Il garante, in quanto tale, infatti, si troverà a dover essere vittima degli stessi svantaggi di cui abbiamo parlato nel corso dell’articolo e, quindi, a seguire lo stesso iter che contraddistingue il debitore. Non solo, infatti, l’eventuale garante del credito verrà coinvolto, in caso di necessità, nel recupero credito trovandosi, nel momento del bisogno del contraente richiedente, ad attingere alle proprie fonti finanziarie e patrimoniali, partendo, come di consueto, dalla cessione del quinto del proprio stipendio come ultima possibilità di ricevere pagamenti senza mai arrivare, almeno in un primo momento, nel caso del recupero crediti da parte del garante, ad eventuali pignoramenti di beni mobili e immobili, ma allo stesso modo rischierà di trovarsi nelle banche dati creditizie del Crif e quindi ritrovare anche il proprio nominativo, assieme a quello del soggetto richiedente debito ed effettivamente debitore, dentro alle banche dati come Crif e le altre citate sopra, nella lista dei cattivi pagatori. Stavolta, però, la presenza del garante nella lista dei cattivi pagatori subirà l’iter tipico di questo status, compresa la durata e le conseguenze. È in virtù di un rischio così grande che sarà necessario, da parte del garante, monitorare la situazione economica e dei pagamenti del richiedente per il quale ci siamo offerti di firmare il contratto. Nei casi davvero molto aggravati infatti, oltre ad essere presenti e segnalati negativamente nelle banche dati, si rischia di essere vittime di pignoramenti.
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